Come funziona il dolore
La neurobiologia del dolore è stata per la prima volta descritta nel 1968 da Melzack e Casey (una coppia di scienziati) e che ne descrive le tre componenti.
C’è una componente sensoriale-discriminativa, con cui si localizza la sede del dolore o la provenienza del segnale, c’è una componente motivazionale-affettiva, che descrive il significato del segnale, quanto è grande la sensazione che proviamo; e infine una componente cognitivo-valutativa, che ci dice come dovremmo reagire al dolore.
Se ci pungiamo un dito, questo sistema tridimensionale ci dice dove avviene la puntura, le caratteristiche del dolore (acuto, sordo, bruciante, prolungato…), l’intensità percepita e la reazione che ne avremo. La componente motivazionale-affettiva, fornisce la colorazione emotiva, ci dice “che cosa significa quel dolore”, e provvede, insieme alla componente cognitivo-valutativa all’organizzazione di comportamenti difensivi.
Un altro modo per spiegare il dolore è quello di un sistema che comprende un microfono, un mixer e un altoparlante. La componente sensoriale-discriminativa è semplicemente il microfono, è l’input che va al sistema, cioè, è il segnale (la puntura).
La componente motivazionale-affettiva è il mixer e la componente cognitivo-valutativa sono le cuffie o gli altoparlanti, dai quali esce il rumore. Indipendentemente dalla dimensione dell’input (dello stimolo nocicettivo) è il modo in cui regoliamo il mixer che in realtà influenza il suono (quello che percepiamo e il comportamento che ne consegue).